Il Teatro Grande ha subito nel corso dei secoli numerose ristrutturazioni e rifacimenti, come è di norma per i grandi monumenti che necessitano di continui interventi.
L’elaborazione dell’assetto e dell’immagine definitiva del Teatro si concluse negli anni ’30 del Novecento; da quel momento gli interventi successivi riguardarono quasi esclusivamente lavori di restauro che non modificarono quindi la struttura dell’edificio.
Uno dei principali motivi di questa fragilità sta nella logica costruttiva di queste sale, che prevedevano l’uso intenso di materiali poco resistenti alle avversità del tempo, come cartapesta, legni dipinti, stucchi e tele, che pertanto necessitavano e necessitano tuttora di continui interventi e di precauzioni estreme soprattutto per quanto riguarda la prevenzione incendi.
Nonostante gli innumerevoli interventi eseguiti, altri sono ancora in lista d’attesa e mantenere la splendida immagine del Massimo cittadino è un traguardo fondamentale da raggiungere.
IL RESTAURO DEL RIDOTTO
Iniziato nel 2013, il recupero dello storico foyer del Teatro Grande è stato suddiviso in tre grandi lotti, l’ultimo dei quali ha preso avvio a gennaio 2017 per terminare alla fine di agosto 2019.Oggetto di questa tranche conclusiva sono stati il completamento del restauro dei dipinti murali e degli stucchi delle pareti del Ridotto e della loggia del piano primo.
In continuo confronto con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Brescia, è proseguito il lavoro di recupero della tavolozza settecentesca originaria, svestendo con un accurato descialbo le superfici dagli strati di colore del Tagliaferri. Nella loggia sono state riportate in luce le superfici dipinte di pareti e soffitto non più visibili dopo le tinteggiature e manutenzioni del dopoguerra. Tutte le superfici affrescate, dopo la fase di descialbo, si presentavano in avanzato stato di degrado, pertanto si sono rivelate molto articolate e complesse le successive fasi di consolidamento, pulitura e stuccatura delle lacune.
Un intervento importante, quindi, che la Fondazione del Teatro Grande ha condiviso passo passo con l’Accademia Santa Giulia a cui è stato affidato l’intero progetto grazie a un accordo quadro sottoscritto con il Gruppo Foppa. Convinzione di entrambe le prestigiose realtà cittadine è stato sin dall’inizio il desiderio che il Ridotto potesse trasformarsi anche in uno spazio di formazione per giovani restauratori, e così è stato: gli studenti del quarto e quinto anno del corso di Restauro hanno operato in un vero e proprio Cantiere-Scuola, guidati nelle fasi pratico-metodologiche dalla Prof.ssa Elisa Pedretti e dal Prof. Alberto Fontanini, con i tutor, Maria Grazia Marchesini e Laura Cotelli.
Il restauro del Ridotto si è completato con altri due preziosi interventi minori: il recupero delle balaustre del piano primo e il recupero delle porte del Caffè del Teatro Grande.
Al termine dei lavori, si contano circa 1000 mq di superficie recuperati con un risultato straordinario che restituisce finalmente all’antico splendore una delle meraviglie artistiche della città, tra le poche testimonianze italiane di pittura rococò veneziana applicata a una struttura teatrale.




IL RESTAURO DELLA SALA DELLE STATUE
Nell’estate del 2022 la Fondazione del Teatro Grande ha avviato l’importante restauro della Sala delle Statue che ha interessato sia la porzione inferiore dell’ambiente d’ingresso al Teatro – al di sotto della balaustra su cui poggiano le sedici statue che danno il nome alla Sala – sia la monumentale copertura a volta.Il cantiere ha svelato alcune interessanti scoperte sul soffitto della Sala, che hanno portato la Fondazione ad avviare una campagna di restauro più importante che si è conclusa nell’estate 2024 realizzata anche con l’importante sostegno della Beretta Industrie s.p.a.
Grazie all’intervento messo in campo, sono stati riportati alla luce, dopo oltre cento anni, circa 1000 mq di superfici, di cui 500 mq relativi al restauro della volta ed altrettanti relativi al recupero dell’originale finitura della porzione inferiore della Sala caratterizzata dal colonnato e dalle decorazioni in stucco di epoca tardo ottocentesca. Indagini ulteriori sull’intradosso della volta e stratigrafiche hanno rivelato uno strato pittorico di notevole interesse storico artistico.
Sentito il parere della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, la Fondazione del Teatro Grande ha deciso di presentare un’integrazione al progetto di restauro originario con l’obiettivo di recuperare l’intera superficie dipinta della volta. Durante i lavori sono intercorsi altresì interventi di manutenzione sul maestoso lampadario in vetro di Murano della Sala delle Statue e sui radiatori storici in ghisa presenti nel vestibolo di collegamento con il Ridotto del Teatro.
Infine, grazie alla collaborazione con FLOS, la Sala delle Statue è stata dotata di un nuovo impianto di illuminazione che consente di dare risalto alla straordinaria volta affrescata e di rendere oggi percepibile l’originario volume di questo spazio d’ingresso.
La Fondazione del Teatro Grande ha affidato i lavori di restauro alla Ditta Marchetti e Fontanini con il supporto, nella fase iniziale, dell’Arch. Ilaria Volta. L’intero restauro è stato seguito dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia che, attraverso confronti e sopralluoghi periodici, ha condiviso con la Fondazione obiettivi e modalità di lavoro.




IL RESTAURO DELL'ARLECCHINO ARMATO
Nell’estate del 2024, in occasione dell’interruzione estiva dell’attività di spettacolo sul palcoscenico, la Fondazione si è dedicata al restauro dell’arlecchino armato della Sala Grande, parte dell’arcoscenico della Sala, precedentemente fisso e ora dotato di un sistema di movimentazione che consente di poter intervenire periodicamente alla sua manutenzione.L’intervento di restauro – avvenuto sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia – ha permesso di ridare vita al grande elemento decorativo posto al di sopra del boccascena e, contestualmente, di intervenire sul suo stato di conservazione.
L’arlecchino, di epoca ottocentesca e realizzato con una tela di lino lisciata con gesso e colla di coniglio successivamente dipinta di color rosso bordeaux acceso, supporta un sistema di decorazioni dorate in gesso e in cartapesta, pendagli in legno di pioppo e nappe in cartapesta, per un peso complessivo di circa 400 kg.
Il suo fissaggio diretto al boccascena, probabilmente avvenuto nel corso del Novecento, non aveva più permesso di eseguire una corretta manutenzione dell’intera struttura che negli anni si era profondamente degradata, comportando anche il cedimento del tessuto, la rottura di alcune cuciture, la perdita di numerosi pendagli e lo sgretolamento di alcuni elementi in cartapesta, oltre che il distacco della doratura superficiale.
Al fine di garantire l’integrità e la messa in sicurezza dell’arlecchino, propedeutica alla necessaria movimentazione per il proseguimento del restauro, la prima fase dell’intervento ha previsto il rinforzo del telaio ligneo strutturale attraverso l’installazione di un sistema di elementi diagonali in legno di pino, stessa essenza della struttura originale.
I lavori sono proseguiti quindi con un importante intervento di pulitura mediante l’utilizzo di pennelli, aspiratori e spugne siliconiche, prodotti tensioattivi in soluzione con acqua demineralizzata e di salica sintetica con interposizione di carta giapponese per non danneggiare la pellicola pittorica originaria durante l’operazione di tamponatura. Dopo un preconsolidamento della pellicola pittorica, realizzato con alghe funori in soluzione acquosa, si è proceduto con il consolidamento corticale della superficie della tela e la successiva stuccatura delle lacune dello strato pittorico, seguiti da una reintegrazione mimetica delle lacune degli strati pittorici utilizzando, a velature, colori ad acquarello con la finalità di ricostituire il tessuto cromatico in corrispondenza delle abrasioni e delle gore distribuite sulla superficie del tessuto.
Le decorazioni in gesso e cartapesta, rimaneggiate in un periodo successivo alla realizzazione, non erano coerenti con quelle originarie e ove possibile sono state recuperate alcune porzioni di decorazioni originali, preservate dalla Fondazione nel corso degli anni. Alcune porzioni mancanti, invece, sono state ricostruite utilizzando polpa di cellulosa e sono state fissate alle porzioni superstiti mediante colle acriliche: in corrispondenza delle giunture più delicate è stata inserita anche una velina per garantirne il collegamento.
Al fine di minimizzare l’impatto delle lacune delle superfici dorate e mantenendo un approccio conservativo, sono state utilizzate a riempimento delle cere da doratura di colore oro leggermente più freddo rispetto a quello della foglia d’oro originale, in modo tale da consentire a un occhio esperto di percepire la leggibilità dell’intervento, garantendo un impatto visivo omogeneo.
Le nappe in cartapesta e corda sono state smontate, pulite, restaurate con la stessa metodologia e riappese alla struttura lignea retrostante con filo dorato. L’unica nappa mancante è stata ricostruita dai restauratori mediante l’utilizzo di uno stampo in gomma siliconica modellato sulle esistenti.
I circa 300 pendagli dorati appesi all’estremità inferiore dell’arlecchino sono stati anch’essi smontati e disposti accuratamente sui piani di lavoro per poter essere puliti, lucidati e restaurati; per le lacune della doratura e per i nuovi pendagli – realizzati al tornio con legno di pioppo – sono state utilizzate le medesime cere delle decorazioni in cartapesta.
Il progetto ha previsto in ultima fase l’installazione di un sistema di movimentazione manuale costituito da un argano e sei carrucole che consentiranno negli anni a venire di poter manutenere l’elemento senza ricorrere all’installazione di ponteggi.
La Fondazione del Teatro Grande ha affidato i lavori di restauro dell’arlecchino ottocentesco alla Ditta Lithos srl di Venezia e la meccanica per la movimentazione alla ditta Decima srl di Padova. Il progetto e la direzione dei lavori sono stati curati dallo Studio Berlucchi di Brescia.



